Rosa di cinque nomi per l’incarico. Si fa strada il governo del presidente

pI leader di Lega e Movimento 5 Stelle, i presidenti di Camera e Senato e la carta Giorgetti. Il numero due del Carroccio rimetterebbe in gioco il Pd. A giorni la scelta del Quirinale

Il vento dalla Siria sparge su Roma sabbia finissima, però almeno non porta guerra. Dunque perde forza l’ipotesi più drammatica, che Sergio Mattarella debba imporre di corsa una soluzione per fronteggiare l’emergenza internazionale. Però, Siria o non Siria, l’ipotesi di un intervento risolutivo del Colle va crescendo di ora in ora. Con i partiti che non riescono ad accordarsi, dopo sei settimane sprecate, la via d’uscita più probabile appare quella che, a parole, tutti i protagonisti vorrebbero evitare: un governo del Presidente messo in piedi per mancanza di alternative, cui nessuno che voglia bene al paese potrebbe negare il sostegno. Non siamo ancora a questo punto, ma ci stiamo avvicinando passo passo.

Per il momento, Mattarella si limita a constatare che neppure nel secondo giro le consultazioni hanno registrato progressi. Dunque (lo ha detto ieri) farà passare «alcuni giorni», trascorsi i quali valuterà «in che modo procedere per uscire dallo stallo». Ci si attende che tra mercoledì e giovedì il Capo dello Stato metta termine al traccheggiamento dei partiti. Lo potrà fare in due modi diversi: 1) affidando un pre-incarico; 2) scegliendo un esploratore. Nel primo caso Mattarella convocherebbe anzitutto Matteo Salvini, in quanto leader del raggruppamento più numeroso. Gli chiederebbe di tuffarsi nell’impresa e tornare dopo poco a riferirgli. Salvini si troverebbe in seria difficoltà perché, rifiutando, pregiudicherebbe la possibilità di riprovare in seguito; accettando il pre-incarico al buio, senza accordi coi Cinquestelle, verrebbe inesorabilmente «bruciato». Lo stesso succederebbe a Di Maio, se toccasse a lui. Ma di accordi tra grillini e Lega non se ne vede traccia. Sembravano praticamente fatti qualche giorno fa, salvo poi naufragare sul solito scoglio di Berlusconi. Può darsi che qualcosa ripigli durante il weekend, Mattarella se lo augura ma, va detto, dalle sue parti non si respira ottimismo. E allora, perché iniziare con Salvini, pur sapendo che andrebbe quasi certamente a sbattere? Il ragazzo la vivrebbe come una cattiveria, ma sul piano politico il suo sacrificio servirebbe a fare chiarezza, permetterebbe di accertare definitivamente che Lega e Cinque stelle non sanno mettersi d’accordo, e passare oltre.

Per indorare la pillola, o renderla meno amara a Salvini, Mattarella potrebbe ottenere lo stesso risultato mettendo in campo un esploratore. In quel caso si rivolgerebbe a Elisabetta Casellati, presidente del Senato, oppure a Roberto Fico, corrispettivo della Camera, affinché vadano di persona a verificare che diavolo sta succedendo tra M5S e Lega. Anche in questo caso, tempo pochi giorni tornerebbero a riferirgli. Il vantaggio della Casellati è che ha parecchie aderenze a destra, dove il suo verdetto sarebbe inappellabile. Il pregio di Fico, viceversa, è che sarebbe la Cassazione nel mondo grillino, se lui dicesse che non c’è niente da fare sarebbero tutti quanti costretti a credergli. Qui terminano i ragionamenti dei consiglieri di Mattarella. Immaginare che cosa potrebbe accadere dopo, è puro esercizio di chiromanzia. Eppure, qualche previsione si può azzardare lo stesso.

Una volta constatato che all’orizzonte non c’è alcun governo grillo-leghista, potrebbe spuntare l’ipotesi Giorgetti. Del numero due leghista si parla non per un governo «giallo verde» ma, molto eventualmente, tra il centrodestra e una parte del Pd, quella renziana. Presuppone una scissione a sinistra di cui molto si vocifera, finora senza strappi concreti. Difficile che ciò accada. Dunque, dopo aver fatto tabula rasa di qualunque altra soluzione, non resterebbe che l’estrema risorsa concessa dalla Costituzione: il governo del Presidente, appunto. Indiziati a guidarlo sarebbero sempre loro, Casellati e Fico. Con un punto importante di vantaggio per l’esponente pentastellato: Fico rappresenta un movimento uscito vittorioso dalle urne laddove Casellati è in quota berlusconiana, orgogliosa di sentirsi tale, dunque praticamente indigeribile per i presunti vincitori.

Tratto da: http://www.lastampa.it/2018/04/14/italia/politica/rosa-di-cinque-nomi-per-lincarico-si-fa-strada-il-governo-del-presidente-WJOa60T2t1O1RdswNtJwcK/pagina.html